venerdì 21 giugno 2013

#03 MUSICA - Chaka Khan - "Ain't Nobody" (Single, 1983)

Un'Anima Soul tra Disco, Pop, R&B e Funk

Sin dai primi esordi discografici nei tardi anni Settanta, Chaka Khan è stata una delle maggiori interpreti musicali di colore della musica soul del decennio. Artista completa, dotata di una voce straordinaria, nella sua lunga carriera discografica Chaka Khan ha percorso con disinvoltura diversi generi musicali, tra cui funk, pop, dance, jazz, hip hop, R&B. Hits internazionali come I'm Every Woman, I Feel For You e Through The Fire (solo per citare i maggiori successi più popolari) le hanno consentito di ottenere numerosi Grammy Awards e importanti riconoscimenti oltre-oceano. 

Nella prima metà degli anni Ottanta, Chaka Khan raggiunge l'apice nella sua carriera musicale con la pubblicazione di una canzone-simbolo di quel decennio. Nel novembre 1983 la cantante produce un nuovo singolo, Ain't Nobody, risultato della collaborazione con il gruppo funk Rufus, con il quale l'artista aveva registrato alcuni album in studio e preso parte a diverse esibizioni mondiali.

Copertina del singolo Ain't Nobody (Novembre 1983) di Rufus & Chaka Khan
David "Hawk" Wolinski, tastierista del gruppo, è autore del testo della canzone e dell'arrangiamento musicale provvisorio dotato di sintetizzatore e registrato con un computer Linn LM-1. In seguito, il batterista John J.R. Robinson si occuperà dell'arrangiamento musicale. Una piccola curiosità: il leggendario produttore discografico Quincy Jones aveva fatto un'offerta per ottenere il testo della canzone da destinare all'album Thriller di Michael Jackson. Wolinski rifiutò e destinò così il lavoro ad un altro produttore, Russ Titelman, ques'ultimo associato ai Rufus e alla casa discografica Warner Bros.



Il successo di Ain't Nobody è immediato: il singolo raggiunge la prima posizione nella classifica americana R&B e si piazza al 22° posto nella graduatoria Billboard Hot 100 Singles. La canzone, pubblicata nell'album Stompin' At The Savoy, diventerà uno dei singoli più memorabili del decennio. Negli anni Novanta, Ain't Nobody verrà ripresa da diversi artisti attraverso numerose cover, tra cui Diana King (1995), LL Cool J (1996) e Jaki Graham.

Con l'uscita di Ain't Nobody, Chaka Khan arriva alla consacrazione definitiva nell'olimpo dei grandi artisti statunitensi del decennio, ottenendo un successo commerciale duraturo grazie a una voce inconfondibile e a uno stile del tutto originale.

mercoledì 19 giugno 2013

#02 PERSONAGGI - Michael Jackson e Ronald Reagan

“Well, isn’t this a Thriller?” Il Re del Pop e il Grande Comunicatore

Washington D.C., lunedì 14 maggio 1984. La pop-star Michael Jackson viene ufficialmente ricevuta alla Casa Bianca in qualità di ospite del Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. Pochi allora percepirono la portata storica dell’evento; oggi, a poco meno di trent’anni di distanza, possiamo ricordare l’importanza di quel momento estremamente significativo: l’incontro tra il “Re del Pop” e il “Grande Comunicatore”, l’accostamento tra due delle più grandi personalità che hanno segnato la storia e la cultura popolare degli anni Ottanta.

Michael Jackson alla Casa Bianca in compagnia di Ronald e Nancy Reagan
Proprio nella primavera del 1984, Ronald Reagan e Michael Jackson raggiungono l’apice di popolarità della loro inarrestabile parabola. L’ex-attore e Governatore della California è in corsa per ottenere la rielezione e il secondo mandato alla Casa Bianca, in un periodo in cui arrivano i primi risultati concreti della rivoluzione della Reaganomics. Il ragazzo di colore, pupillo della casa discografica Motown, ha solo 25 anni e da pochi anni ha intrapreso una carriera solista di successo con la pubblicazione di Off The Wall (1979) e Thriller (1982), l’album più venduto della storia della musica con il record di vendite di oltre 100 milioni di copie.

All’arrivo alla Casa Bianca, durante la mattina, Michael Jackson e Ronald Reagan passeggiano insieme nei giardini della residenza, chiacchierando amichevolmente in compagnia della first lady Nancy Reagan e dello staff presidenziale. Il Presidente degli Stati Uniti apre le porte dello Studio Ovale e mostra alla pop-star l’ufficio di lavoro e alcune fotografie di famiglia. 


La cerimonia di premiazione nei giardini della Casa Bianca
Verso mezzogiorno, in una cerimonia pubblica nei giardini della Casa Bianca, Reagan conferisce a Jackson un premio di riconoscimento ufficiale in seguito al lancio di una campagna nazionale promossa dal governo federale contro la guida in stato di ebbrezza all’interno di un vasto programma sociale contro l’alcolismo. Il “Re del Pop”, figura attiva nell’impegno benefico, ha contribuito all’iniziativa donando la canzone Beat It – uno dei singoli di maggior successo commerciale estratto da Thriller – in qualità di colonna sonora per gli spot pubblicitari trasmessi alla radio e alla televisione.

Ronald Reagan scherza con i presenti facendo un paio di battute e divertenti allusioni alle canzoni del cantante, tra cui Thriller, I Want You Back, Tender Loving Care e P.Y.T. (Pretty Young Thing). Occhiali da sole scuri e vestito scintillante, Michael Jackson, timido e visibilmente imbarazzato, ringrazia i coniugi Reagan e la piccola folla presente all’evento. Anni più tardi, nelle sue tarde memorie, la first lady ricorderà il suo ospite come un personaggio “eccentrico con la voce da donna”.



Solamente nel 2007, attraverso la pubblicazione dei Reagan Diaries, ritroveremo le impressioni personali del Presidente a proposito di quella giornata: “A ceremony on the South Lawn to honor young Michael Jackson who is the sensation of the pop music world – believed to have earned $120 mil. last year. He is giving proceeds from one of his biggest selling records to the campaign against drunk driving. He is totally opposed to drugs and alcohol and is using his popularity to influence young people against them. I was surprised at how shy he is”.
   

Michael Jackson e Ronald Reagan, due icone popolari degli anni Ottanta
Michael Jackson sarà di nuovo ospite alla Casa Bianca in un’altra occasione, nell’aprile 1990, su invito del nuovo Presidente degli Stati Uniti George H. Bush, successore di Reagan, ma l’incontro sarà meno cordiale rispetto al precedente. Il 19 gennaio 1993, la pop-star avrà occasione di cantare alla serata di gala per la cerimonia di insediamento di Bill Clinton insieme a Barbra Streisand, Elton John e al gruppo Fleetwood Mac. 

Nell’aprile 2009, pochi mesi prima della morte di Michael Jackson, una lettera privata scritta dal Presidente degli Stati Uniti e indirizzata al “Re del Pop” viene presentata all’asta, salvo poi essere ritirata dai legali del cantante. La lettera, datata 1° febbraio 1984, contiene un messaggio personale di Reagan in seguito al brutto incidente di Jackson sul set di uno spot pubblicitario della Pepsi Cola (avvenuto il 27 gennaio dello stesso anno) nel quale la pop-star aveva riportato bruciature al capo e ustioni al volto. Nel messaggio – un documento eccezionale allora inedito e antecedente al loro incontro – oltre a inviare i propri auguri personali di pronta guarigione, il Presidente aveva espresso tutta la sua ammirazione per la pop-star, icona popolare americana e modello di riferimento per le nuove generazioni:

Dear Michael,

I was pleased to learn that you were not seriously hurt in your recent accident. I know from experience that these things can happen on the set – no matter how much caution is exercised. All over America, millions of people look up to you as an example. Your deep faith in God and adherence to traditional values are an inspiration to all of us, especially young people searching for something real to believe in. You’ve gained quite a number of fans along the road since I Want You Back, and Nancy and I are among them. Keep up the good work, Michael. We’re very happy for you.

Sincerely,
Ronald Reagan

La lettera di Ronald Reagan indirizzata a Michael Jackson
Per un tragico segno del destino, Michael Joseph Jackson morirà il 25 giugno 2009 a Los Angeles presso la struttura sanitaria del “Ronald Reagan UCLA Medical Center” di Westwood. Michael Jackson e Ronald Reagan saranno ricordati come due figure carismatiche di enorme impatto popolare, due simboli di quel decennio tutt’oggi indimenticabili.  

martedì 18 giugno 2013

#01 STORIA - Reaganismo, Libertà e Impero Americano (Parte IV)

ll concetto di Libertà negli anni della Presidenza Reagan e della Seconda Guerra Fredda

1.8 - La Dottrina Reagan: freedom fighters

Gli Stati Uniti e i paesi del Patto Atlantico dichiararono infranti gli equilibri militari tra i due blocchi. La Dottrina Reagan appoggiò tutti i movimenti anticomunisti del mondo, in particolar modo in America Latina – riprendendo il corollario di Roosevelt – e in Medio Oriente, attraverso operazioni coperte organizzate dalla CIA per fornire aiuti economici, consulenze militari e rifornimenti di materiale bellico ai cosiddetti freedom fighters. A questo proposito sono emblematiche le vicende che riguardarono quattro stati, Nicaragua, Grenada e Cile, situati nell’America centro-meridionale, e Afghanistan, ai confini asiatici del grande impero sovietico.

Consapevole della difficile eredità data dalla sconfitta nella lunga guerra del Vietnam, Reagan decise inoltre di impegnare l’esercito americano in operazioni militari brevi, rapide e di facile successo – come ad esempio l’intervento in Libano a Beirut nel periodo 1982-1984 –, che videro il parere favorevole dell’opinione pubblica americana. Gli anni Ottanta rappresentarono un momento acuto di crisi nelle relazioni internazionali. L’ONU, organismo di mediazione nei conflitti, sembrò paralizzato anche nella gestione di crisi di modeste proporzioni come la guerra delle isole Falkland (marzo-giugno 1982) tra Regno Unito e Argentina, e tutti i circuiti di comunicazione internazionali sembravano drammaticamente interrotti.

In Nicaragua i gruppi controrivoluzionari Contras ricevettero aiuti in denaro e armi dalla CIA ai confini con l’Honduras contro il fronte sandista del governo popolare presieduto da Daniel Ortega, il leader del movimento di liberazione. Ciò portò in seguito a diverse investigazioni giornalistiche sul coinvolgimento dell’amministrazione Reagan in queste operazioni che ebbero il culmine nello scandalo Iran-Contras Affair (Irangate), un vero terremoto politico. La politica imperialista in tutto il continente americano – che il governo americano perseguì per impedire che nell’America latina si imponessero movimenti di ispirazione socialista – non si fermò nemmeno di fronte all’affermazione di un governo popolare nella Repubblica di Grenada, la più piccola isola caraibica che Reagan definiva ironicamente “il giardino di Cuba”. Nel 1986 il governo liberamente scelto dai cittadini di Grenada venne abbattuto e sostituito con un altro filoamericano in seguito a un intervento militare diretto. L’egemonia degli Stati Uniti impedì d’altra parte che si accelerassero i processi di democratizzazione di molti stati dominati da dittature militari come quella cilena di Augusto Pinochet, il quale ricevette aiuti economici americani promotori di una politica economica rigorosamente liberista, sotto la guida di esperti e di economisti statunitensi.

In Afghanistan gli Stati Uniti fornirono aiuti diretti ai mujaheddin talebani grazie all’appoggio diretto del Pakistan. L’Afghanistan si trasformò per le truppe sovietiche in qualcosa di simile a ciò che il Vietnam aveva rappresentato per l’esercito americano. In Medio Oriente, la guerra del Golfo Persico tra Iraq e Iran (1980-1988) vide inoltre la collaborazione del governo americano per sconfiggere il Fondamentalismo Islamico, un pericolo allora sottovalutato. In precedenza, la Dottrina Carter (23 gennaio 1980) aveva stabilito che “...an attempt by any outside force to gain control of the Persian Gulf region will be regarded as an assault on the vital interests of the United States of America, and such an assault will be repelled by any means necessary, including military force”. Reagan ratificò un corollario per offrire un supporto all’Arabia Saudita nel caso si presentasse una minaccia alla sicurezza data da un coinvolgimento involontario nel conflitto. Emblematico resta il filmato della visita del 12 dicembre 1983 dell’invitato speciale Donald Rumsfeld a Saddam Hussein e Tareq Aziz e la stretta di mano simbolica con il dittatore iracheno; il regime di Baghdad ricevette il supporto dell’intelligence americano e foto dai satelliti.

1.9 – Un Bilancio Provvisorio

La figura di Ronald Wilson Reagan e il pensiero politico del Reaganismo hanno segnato la Storia degli Stati Uniti negli anni Ottanta e nei decenni successivi. Personaggio rispettato e assunto a modello dai sostenitori repubblicani conservatori, fortemente criticato dagli oppositori democratici, Reagan ha contribuito a riportare al potere le forze neo-conservatrici e a condizionare le politiche economiche e sociali dell’America. Le tradizionali lobby cristiane, il cui potere era andato declinando negli anni Sessanta-Settanta, riguadagnarono influenza. Gli storici e gli studiosi hanno stilato un bilancio provvisorio degli effetti politici, economici e sociali della Reagan Revolution e, molto probabilmente, in futuro si assisterà a riformulazioni, sviluppi e nuovi dibattiti.
Retorica a stelle e strisce: il Presidente Reagan a un comizio elettorale
Il Reaganismo è finito con Ronald Reagan? Alcune ipotesi sostengono che esso sia proseguito negli anni attraverso le amministrazioni di George H. Bush (1989-1993), Bill Clinton (1993-2001) e George W. Bush (2001-2009). A fronte dell’enorme deficit lasciato in eredita da Reagan, Bush padre aumentò considerevolmente le tasse, arrivando a definire la Reaganomics come “l’economia del woodoo”. Il suo avversario e successore Clinton, pur essendo un esponente del Partito Democratico, beneficiò della ripresa economica intrapresa inizialmente da Reagan con il «boom» economico degli anni Novanta nel settore terziario. Bush figlio ha ingaggiato uno staff di consiglieri e collaboratori di prim'ordine ereditati dall’amministrazione Reagan, con una solida esperienza alle spalle. Nel 2003, in occasione dell’intervento militare americano nella guerra in Iraq, Bush ha riproposto i temi e le credenze di matrice conservatrice circa l’appello alla fede, la missione divina e l’appoggio conferitogli da Dio per l’impresa. Qui le somiglianze tra Bush figlio e Reagan sono probabilmente più evidenti; tuttavia occorrerebbe un approfondimento in tal senso in altra sede.

In conclusione, l’idea e la concezione reaganiana di libertà sul discorso pubblico americano non si limita esclusivamente agli anni Ottanta ma rivela, come abbiamo visto, un’estensione in avanti e un’implicazione a lungo termine nello scenario americano ben oltre gli anni della cosiddetta Reagan Revolution e della Presidenza Reagan in senso stretto.

Bibliografia

Monografie e Saggi

   DEL PERO Mario, Libertà e Impero: gli Stati Uniti e il mondo 1776-2006 
        (Bari-Roma: Editori Laterza, 2008).

   FONER Eric, The Story of American Freedom (New York: W.W. Norton, 1998).

   GIMELLO-MESPLOMB Frédéric, Le Cinéma des Années Reagan: un modèle
        hollywoodien?
(
Paris: Nouveau Monde Éditions, 2007). 

   ROMERO Federico, Storia della Guerra Fredda – l’ultimo conflitto per l’Europa 
        (Torino: Giulio Einaudi Editore, 2009).

   TOURING CLUB ITALIANO, Storia Visuale del Mondo (Milano: Touring Editore Srl, 2005).

Documentari televisivi

   Correva l’Anno: Speciale Guerra Fredda – Ronald Reagan, a cura di Tiziana Pellegrini, 
        Editoriale di Paolo Mieli, puntata trasmessa giovedì 21 dicembre 2006, RAI.it 

#01 STORIA - Reaganismo, Libertà e Impero Americano (Parte III)

Il concetto di Libertà negli anni della Presidenza Reagan e della Seconda Guerra Fredda

1.6 - Il Ritorno della Guerra Fredda: una nuova fase di tensione internazionale

Ronald Reagan intendeva restaurare la supremazia militare degli USA riprendendo la sfida bellica e ideologica contro l’URSS: “l’America è diventata una potenza di secondo piano a cui bisogna ridare lustro e prestigio” dichiarò in campagna elettorale. Nel corso degli anni Settanta l’URSS sotto la guida di Leonid Brezhnev – leader indiscusso del Partito Comunista Sovietico dal 1964 al 1982 – aveva potenziano il proprio arsenale militare scalzando il primato americano. Nonostante la distensione operata da Richard Nixon, Gerard Ford e Jimmy Carter – culminata con la firma degli accordi SALT I (maggio 1972) e SALT II (giugno 1979) per la limitazione delle armi strategiche – la crisi della politica kissingeriana fu evidente alla fine del decennio. Nel dicembre 1979 l’Unione Sovietica avviò l’invasione militare dell’Afghanistan con l’obiettivo dichiarato di restaurare il governo filosovietico da poco sconfitto nel corso delle libere elezioni. Per la prima volta dal 1945 l’esercito dell’Armata Rossa iniziava l’occupazione di territori non compresi nei paesi membri del Patto di Varsavia (1955). La reazione statunitense fu dura e poco dopo Carter annunciò il boicottaggio dei Giochi Olimpici di Mosca (1980) da parte degli atleti americani, senza sortire grandi risultati. Nonostante la distensione, secondo i repubblicani neo-conservatori l’URSS non stava rispettando gli accordi SALT e gli USA stavano perdendo rapidamente terreno nei confronti del diretto avversario. La presidenza Carter aveva visto un importante successo nel raggiungimento degli accordi di Camp David (marzo 1979) con il trattato di pace tra Egitto e Israele, ma la Rivoluzione Islamica in Iran, nazione tradizionalmente filooccidentale operata dall’ayatollah Ruhollah Khomeini – che vedeva nell’America l’incarnazione del male dell’Occidente, il “grande satana” – portò alla destituzione dello scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi e alla già citata crisi degli ostaggi dell’ambasciata di Teheran, la cui maldestra operazione di salvataggio organizzata da Carter terminò con l’abbattimento di un elicottero americano nel deserto persiano, immagini trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo che indebolirono ulteriormente l’immagine del presidente americano. Apparve evidente la crescente difficoltà degli Stati Uniti nei confronti dell’Unione Sovietica e di un nuovo fattore emergente nello scacchiere internazionale: il Fondamentalismo Islamico. Nell’ultimo anno in carica al governo, l’amministrazione Carter aveva progressivamente abbandonato la distensione irrigidendo il proprio atteggiamento di fronte allo storico avversario. L’equilibrio del terrore era nuovamente a rischio.

La politica estera aprì il confronto televisivo tra Carter e Reagan nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 1980. Il repubblicano propose una visione autoritaria e decisa verso una prevenzione e una gestione delle situazioni critiche prima che potessero trasformarsi in crisi serie. Convinto della supremazia del Capitalismo sul Comunismo, Ronald Reagan si fece promotore di un anticomunismo senza limiti, in particolar modo durante il suo primo mandato alla Casa Bianca. Dove nasceva questa convinta opposizione all’ideologia marxista-leninista propagata dall’impero sovietico? Nel corso di un colloquio privato con il presidente francese François Mitterand, annotato nei Reagan Diaries, il presidente americano capì sorprendentemente che “essere socialisti non voleva dire necessariamente essere comunisti”. Risulta chiaro che l’anticomunismo di Reagan non poggiava su una reale conoscenza del modello politico antagonista; il presidente era maturato nel turbinio degli stereotipi più diffusi della retorica antisovietica dei tempi della retorica del Maccartismo dei primi anni Cinquanta e da lì in avanti non si era granché discostato, irrigidendo le proprie posizioni contro lo storico antagonista sovietico.

Negli anni Ottanta, la figura di Ronald Reagan ha dato un contributo fondamentale alla fine della Guerra Fredda. Quando il muro di Berlino venne abbattuto nella notte del 9 novembre 1989, Reagan aveva lasciato la Casa Bianca da pochi mesi, eppure venne proclamato “vincitore morale della Guerra Fredda” secondo il giudizio di diversi storici ed esperti. L’anziano presidente avrebbe pianificato con cura le proprie mosse in politica estera per portare rapidamente al declino e al tracollo l’Unione Sovietica, vincendo la battaglia decisiva “senza sparare un solo colpo” come ebbe modo di affermare Margaret Thatcher in un tributo in occasione della sua scomparsa a 93 anni dopo una lunga battaglia contro il morbo di Alzheimer, avvenuta il 5 giugno 2004. Tuttavia molte tesi sul ruolo fondamentale giocato da Reagan sono state a lungo dibattute, argomentate, smentite e riaffermate. A 20 anni di distanza dalla fine della Guerra Fredda, i giudizi storici sono divisi più che mai. Altre tesi sostengono al contrario che l’economia sovietica era già avviata al tracollo, quindi Reagan non avrebbe fatto nulla se non rilanciare la competizione in tema di armamenti bellici. Certamente però Reagan era intimamente convinto della forza e della superiorità dell’American Way of Life, del Capitalismo occidentale, del modello e dei valori americani. L’avvento dell’industria dell’elettronica, della tecnologia sofisticata e del personal computer avrebbero costituito una fonte di attrazione a cui i paesi del blocco orientale difficilmente si sarebbero sottratti.

1.7 - La Retorica dell’Impero del Male e le Guerre Stellari

Il primo mandato (1981-1985) fu caratterizzato come abbiamo visto in introduzione dall’apertura di una nuova fase di tensione internazionale e corsa agli armamenti: la Seconda Guerra Fredda. Reagan impose sanzioni economiche all’Unione Sovietica in seguito all’istituzione della legge marziale in Polonia nel dicembre 1981. L’anno 1983 segnò il punto massimo di escalation nei rapporti diplomatici tra USA e URSS. L’8 marzo 1983, in occasione di un intervento pubblico all’Associazione Evangelica Nazionale a Orlando (Florida), Reagan pronunciò il celebre discorso in cui definì l’Unione Sovietica l’impero del male (evil empire) nel contesto del congelamento degli armamenti tra le due superpotenze mondiali:

In your discussions of the nuclear freeze proposals, I urge you to beware the temptation of pride – the temptation of blithely declaring yourselves above it all and label both sides equally at fault, to ignore the facts of history and the aggressive impulses of an evil empire, to simply call the arms race a giant misunderstanding and thereby remove yourself from the struggle between right and wrong and good and evil.

La retorica reaganiana antisovietica e anticomunista raggiunse proprio nel 1983 il livello massimo. La forza della dicotomia nella contrapposizione tra il bene e il male – e tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato – si può riassumere nell’opposizione frontale tra gli Stati Uniti e l’Occidentedifensori della democrazia, della libertà, del Capitalismoe l’Unione Sovietica e il blocco orientale, regime totalitario di ispirazione marxista-leninista in cui il modello del Comunismo opprime i propri cittadini nell’oscurità del Totalitarismo, nella lunga notte del Comunismo sovietico rivoluzionario.


L’ideale conservatore rivela un principio di autorità nelle istituzioni, nella chiesa e nella famiglia verso un ritorno alla fede e alla morale. L’esperimento democratico iniziato dai Padri Fondatori rivelò la scoperta della vita e della libertà conferite da Dio. L’America – nel principio fondante “in God we trust” – non può che essere “la nazione eletta” portatrice del bene. “Freedom prospers when religion is vibrant and the rule of law under God is acknowledged” affermò Reagan nella convinzione del diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. America is in the midst of a spiritual awakening and a moral renewal”. La morale conservatrice ritrovata include una forte disapprovazione circa l’adulterio, i rapporti sessuali tra adolescenti, la pornografia, l’aborto e il consumo di sostanze stupefacenti. Tuttavia l’uomo è costretto ad affrontare la fenomenologia del male e la dottrina del peccato: “there is sin and evil in the world, and we’re enjoined by Scripture and the Lord Jesus to oppose it with all our might”. Ritorna il concetto americano di esportazione universale della libertà: “especially in this century, America has kept alight the torch of freedom, but not just for ourselves but for millions of others around the world […] we will never compromise our principles and standards. We will never give away our freedom. We will never abandon our belief in God. And we will never stop searching for a genuine peace […] The real crisis we face today is a spiritual one; at root, it is a test of moral will and faith”.

A conclusione del suo intervento, Reagan annunciò la prossima sfida dell’America e dell’Occidente profetizzando il destino già segnato del declino e della caduta del Comunismo:

The Western world can answer this challenge […] but only provided that its faith in God and the freedom. He enjoins is as great as communism’s faith in Man. I believe we shall rise to the challenge. I believe that communism is another sad, bizarre chapter in human history whose last pages even now are being written. I believe this because the source of our strength in the quest for human freedom is not material, but spiritual. And because it knows no limitation, it must terrify and ultimately triumph over those who would enslave their fellow man. […] Yes, change your world. One of our Founding Fathers, Thomas Paine, said, “We have it within our power to begin the world over again”. We can do it, doing together what no one church could do by itself.

Quindici giorni più tardi, in un discorso alla nazione trasmesso nella sera del 23 marzo 1983, il Presidente Reagan annunciò il lancio del progetto per la costruzione di un sistema di difesa spazialelo Strategic Defense Initiative (SDI) noto come Scudo Spaziale. Il piano di Reagan –che prevedeva l’utilizzo di computer, satelliti, sensori, potenti laser e componenti ad alta tecnologia – avrebbe garantito la sicurezza del suolo americano da un attacco missilistico sovietico. I giornali di tutto il mondo diedero ampio spazio alle guerre stellari di Reagan, utilizzando un linguaggio di ispirazione cinematografica tratto dai film di fantascienza in voga in quegli anni a Hollywood. In realtà la gestazione del grandioso progetto reaganiano, del costo stimato in miliardi di dollari, sarebbe entrato in piena funzione nell’ordine di 20-40 anni.

Copertina della rivista Time (Aprile 1983)
A partire dal 1985 lo scudo spaziale costituirà un punto centrale nei tre colloqui sul disarmo tra Reagan e Gorbačëv, un vero e proprio spauracchio per i sovietici, i quali fecero enormi pressioni sugli americani per un ripensamento. In sostanza, dopo la fine della Guerra Fredda l’ambizioso progetto non venne mai realizzato dati i costi astronomici proibitivi e le difficoltà logistiche di realizzazione e messa in atto. Nella visita ufficiale di Reagan a Mosca (gennaio 1988), a chi gli chiedeva se considerasse ancora quello sovietico un impero del male, egli rispose: “no, parlavo di un altro tempo, un’altra epoca”. 

giovedì 13 giugno 2013

#01 STORIA - Reaganismo, Libertà e Impero Americano (Parte II)

Il concetto di Libertà negli anni della Presidenza Reagan e della Seconda Guerra Fredda

1.4 - “It’s Morning Again in America”. L’America negli anni Ottanta: gli USA sotto Reagan

Prima di intraprendere un’indagine in termini specifici sul concetto di freedom in Reagan occorre procedere con una distinzione precisa in due fasi storiche distinte ma estremamente correlate tra loro. In estrema sintesi possiamo riassumere qui di seguito i principali avvenimenti storici che segnarono l’evoluzione e la gestazione della politica interna e della politica estera della lunga presidenza Reagan, evidenziandone gli aspetti più considerevoli e i tratti salienti:  

Primo Mandato (1981-1985) – Anticomunismo e riarmo

Nel corso della cerimonia ufficiale di insediamento (20 gennaio 1981), il neo-eletto presidente enunciò un discorso di forte impatto politico: “in the present crisis, government is not the solution to our problem; government is the problem”. Nello stesso giorno i 55 funzionari del governo americano membri dell’ambasciata di Teheran, tenuti in ostaggio da mesi, furono rilasciati dopo 444 giorni di sequestro. Il 30 marzo 1981, a soli 69 giorni dall’entrata in carica, Reagan rimase gravemente ferito in un attentato a Washington D.C. ma riuscì a scampare alla morte. In politica interna il programma della Reaganomics promosse un liberalismo (o liberismo) incondizionato radicale mirando con fiducia e ottimismo alla ripresa economica. Il presidente rilanciò l’economia attraverso tagli alla spesa pubblica, in particolare sul programma del welfare, e abbassò le tasse. Nell’estate 1981 Reagan reagì con durezza contro i sindacati licenziando in massa i controllori di volo che avevano promosso uno sciopero non autorizzato. In politica estera l’abbandono della distensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica – compiuta negli anni Settanta durante gli anni delle presidenze Nixon, Ford e Carter – portò a un inasprimento dei toni, a una nuova corsa agli armamenti e all’installazione dei missili balistici a medio raggio in Europa tra enormi polemiche. Reagan seguì una stretta politica autoritaria anticomunista e aumentò fortemente le spese militari: il piano per un sistema di difesa spazialelo Strategic Defense Initiative (SDI) noto come Scudo Spaziale – costò miliardi di dollari. Attraverso la retorica dell’Impero del Male, la Dottrina Reagan sostenne tutti i movimenti anticomunisti nel mondo in America Latina e in Medio Oriente, incurante dei loro governi e del rispetto dei diritti umani: all’intervento militare nella guerra civile in Libano (1982-1984) seguì l’operazione sull’isola di Grenada.

Secondo Mandato (1985-1989) – Distensione e colloqui sul disarmo

Nel novembre 1984 la vittoria schiacciante di Ronald Reagan contro l’avversario Walter Mondale confermò la supremazia del partito repubblicano e del movimento conservatoreIl presidente aumentò la lotta contro l’immigrazione clandestina, l’aborto e l’abuso di droga (il programma “Just Say No” promosso da Nancy Reagan). Nello scenario europeo, un anno dopo la crisi di Sigonella, gli Stati Uniti reagirono con estrema durezza contro la Libia di Muammar Gheddafi – accusata di sostenere il terrorismo internazionale dopo l’attentato alla discoteca di Berlino – bombardando la capitale Tripoli. Nel novembre 1986 la vendita illegale di armi tramite Israele ai gruppi radicali islamici del regime khomeinista in Iran per destinare i fondi ai guerriglieri controrivoluzionari Contras in Nicaragua  – lo scandalo Iran-Contras Affaire (Irangate) – divennero di dominio pubblico e indebolirono il governo Reagan. Il presidente venne indagato da tre commissioni d’inchiesta ma fu solo sfiorato dalla vicenda e riuscì a evitare l’impeachment. Alle difficoltà interne si unirono la crisi della borsa di Wall Street (ottobre 1987) e il continuo aumento del deficit pubblicoAl contrario, la politica estera costituì il maggiore successo del secondo mandato. A partire dal 1985 gli USA di Ronald Reagan intrapresero un nuovo dialogo con l’URSS di Michail Gorbačëv – riformista, nuovo segretario generale del PCUS dopo la morte di Brežnev (1982), Andropov (1984) e Chernenko (1985) – avviando nuovi colloqui sul disarmo ai summit in Svizzera (Ginevra, novembre 1985), Islanda (Reykjavík, ottobre 1986) e in America (Washington D.C., dicembre 1987). Memorabili le parole pronunciate da Reagan davanti alla Porta di Brandeburgo a Berlino nell’ottobre 1987: “Mr. Gorbačëv, tear down this wall”. In seguito a un accordo sulla riduzione dei missili a medio raggio e delle testate nucleari nel mondo – l’Intermediate-Range Nuclear Forces (INF) – l’arsenali di armi nucleari fu per la prima volta diminuito. Nonostante alcuni insuccessi sul fronte interno, nel gennaio 1989 Reagan terminò il suo secondo mandato con un indice di popolarità positivo su livelli costanti e molto alti, risultati ancora oggi ineguagliati dai suoi immediati successori.

1.5 – Reaganomics, deregulation, laissez-faire

Ronald Reagan venne eletto Presidente degli Stati Uniti in un momento in cui l’America usciva da un decennio critico, gli anni Settanta, in condizioni di difficoltà economica. La crisi del petrolio del 1973 si ripresentò successivamente nel biennio 1978-1979 con un aumento considerevole del prezzo del greggio; migliaia di automobilisti americani furono costretti a percorrere lunghe file verso le stazioni di servizio. Nel 1971 l’allora presidente Richard Nixon decretò la fine degli accordi di Bretton Woods – ponendo fine alla convertibilità del dollaro in oro – che ebbe come conseguenza una drastica svalutazione del dollaro americano, l’alleggerimento del debito statunitense per ridare fiato al bilancio federale provato dalle spese militari e dalle perdite della guerra del Vietnam, l’instabilità dei cambi e l’aumento dei prezzi. Alla fine degli anni Settanta, durante la presidenza di Jimmy Carter, l’economia americana si trovava in fase di stagflazione: scarsa produttività degli apparati industriali, aumento vertiginoso dell’inflazione, diminuzione del prodotto interno lordo e, in particolar modo, aumento della disoccupazione, scioperi e problemi di natura sindacale. Sul bilancio federale pesavano enormemente i costi per i servizi pubblici di tipo assistenziali e sociali, ottenuti nel corso degli anni Sessanta grazie alle riforme di Lyndon Johnson.

Durante la campagna elettorale 1980, Jimmy Carter – presidente debole e indeciso, in corsa per la rielezione contro Ted Kennedy alle elezioni primarie del Partito Democratico – annunciava tempi difficili per l’America in piena austerity, vittima di una crisi di fiducia che minava il morale degli americani. Privi di prospettive incoraggianti per l’immediato futuro, occorreva tenere duro e auspicare in una lenta ripresa e nell’arrivo di tempi migliori. Al contrario, Ronald Reagan elogiò i successi economici ottenuti in California grazie all’applicazione del modello proposto da Arthur Laffer e dalla teoria della cosiddetta “curva di Laffer”. Il piano del candidato repubblicano prevedeva forti tagli alle imposte, alle tasse e, dunque, alla spesa pubblica. In realtà sappiamo che la California è uno stato molto particolare, quasi un’eccezione sé stante nel panorama statunitense, ma Reagan era fortemente convinto che l’esperimento californiano avrebbe funzionato con un’applicazione su un piano nazionale, facendo presa sugli elettori americani. La ripresa economica sarebbe stata prossima e, secondo Reagan, gli anni Ottanta avrebbero rappresentato una svolta decisiva per l’America, un decennio a cui gli americani avrebbero guardato con grande fiducia, serenità e ritrovato ottimismo. Nel gennaio 1981, il neo-eletto presidente promise di “scatenare il toro dell’economia”, applicando pienamente la filosofia del laissez-faire in campo economico.

Ronald Reagan (1911-2004), 40° Presidente degli Stati Uniti d'America (1981-1989)

Il Neoliberismo (o Neoliberalismo) fu la ricetta adottata per rilanciare l’economia: riforme fiscali, riduzione netta delle tasse e delle tutele sociali, smantellamento dello Stato sociale – vale a dire dei servizi assistenziali e previdenziali a carico della pubblica amministrazione che i lavoratori e le classi popolari erano riusciti a conquistare negli anni Sessanta e Settanta –, deregulation completa dei mercati, eliminazione di tutti i vincoli di natura sindacale, amministrativa e fiscale, rigida politica monetaria deflattiva attraverso alti tassi d’interesse che, tuttavia, resero difficile l’accesso al credito. L’amministrazione Reagan optò per una drastica rivalutazione del dollaro con l’obiettivo di attirare capitali internazionali. Le risorse così liberate poterono essere impiegate nel sostegno e nel rilancio della produzione e agli investimenti privati. Allo stesso tempo, lo stato avrebbe ridotto il proprio bilancio in tema di assistenza sociale e di istruzione, privatizzando questi settori e ridando fiato alle spese militari. Parallelamente, si intervenne a modificare il sistema fiscale a vantaggio dei redditi alti, favorendo la crescita del risparmio che, attraverso il sistema bancario, confluiva nelle imprese per sostenere il bilancio. I tagli ai salari e alla spesa pubblica che ne derivarono inasprirono i conflitti sociali e scaricarono i costi della ristrutturazione sui ceti più deboli, creando nuove sacche di povertà. Il governo americano scelse la contrapposizione frontale nel tentativo di ridimensionare il peso politico del movimento sindacale. La ristrutturazione degli apparati produttivi in corso nei paesi avanzati ebbe inoltre effetti negativi sui paesi in via di sviluppo, accentuandone, da un lato, la dipendenza dal Nord industrializzato e dall’altro, il divario tecnologico.

Negli anni del Reaganismo, inoltre, vennero raccogliendo sempre maggiori adesioni nuovi valori, veicolati dai grandi mass media: si trattava di valori imperniati sui miti del benessere e della competizione sociale, sull’esasperato individualismo, sul militarismo unito al patriottismo americano e sull’efficientismo produttivistico, in netta antitesi con i precedenti valori solidaristici, egualitari e anticonsumistici che avevano prevalso nel decennio precedente.

#01 STORIA - Reaganismo, Libertà e Impero Americano (Parte I)

Il concetto di Libertà negli anni della Presidenza Reagan e della Seconda Guerra Fredda

1.1 - Contestualizzazione storica: gli anni Ottanta del Reaganismo

La crisi economica dei tardi anni Settanta ebbe l’effetto in Occidente di riportare al potere le forze conservatrici, rimaste minoritarie nei decenni precedenti. Il ritorno a un clima di tensione internazionale tra USA e URSS aprì una nuova fase nei rapporti diplomatici tra le due superpotenze e i rispettivi blocchi, la Seconda Guerra Fredda

La storia degli anni Ottanta venne segnata da due figure politiche di enorme rilevanza internazionale. Nel marzo 1979, in seguito alle elezioni generali nel Regno Unito, Margaret Hilda Roberts Thatcher (1925-2013), detta la Lady di Ferro, assunse la carica di primo ministro, un incarico ufficiale che manterrà nei successivi 11 anni fino alle dimissioni nel novembre 1990 e al passaggio dei poteri a John Major. Per la prima volta nella storia del Regno Unito tale carica veniva conferita a una donna. I conservatori (tories) manterranno la maggioranza politica nei due decenni successivi fino alla vittoria di Tony Blair (New Labour Party) nel 1997.

Nel novembre 1980, il repubblicano Ronald Wilson Reagan (1911-2004), in precedenza 33° Governatore dello Stato della California (1967-1975), venne eletto 40° Presidente degli Stati Uniti d’America succedendo al democratico Jimmy Carter (1977-1981) alla guida della Casa Bianca. A 69 anni Reagan fu il più anziano presidente eletto a ricoprire tale incarico. La Presidenza Reagan, riconfermata a larga maggioranza nelle elezioni presidenziali del 1984, proseguì sino al termine del secondo mandato, quando gli succedette il vicepresidente George H. Bush (1989-1993).

Ronald Reagan (1911-2004)
Gli anni Ottanta furono il decennio del Reaganismo. L’imponente figura carismatica e il pensiero politico neo-conservatore di Ronald Reagan condizionarono a lungo termine le vicende politiche, economiche e sociali degli Stati Uniti negli anni seguenti, oltre a determinare una nuova fase in politica estera nel panorama delle relazioni internazionali che ebbe il culmine nella conclusione della Guerra Fredda, la fine del bipolarismo USA-URSS e il crollo del Muro di Berlino nel 1989.

Questo saggio introduttivo intende proporre una definizione del concetto di libertà (freedom) nella politica neo-conservatrice americana durante gli anni dell’amministrazione Reagan. Approfondiremo la lettura reaganiana del concetto di libertà in termini generali quanto essenziali. Particolare attenzione verrà dedicata al primo mandato presidenziale (1981-1985) in cui vennero definite le linee generali della politica conservatrice proseguita nel corso del secondo mandato (1985-1989) pur con differenze sostanziali, in particolar modo in termini di politica estera nei rapporti tra le due superpotenze.

1.2 - Conservative Freedom

A partire dagli anni Cinquanta il concetto di freedom – termine onnipresente nella retorica statunitense – per la nuova destra conservatrice si è esteso sostanzialmente in due ambiti: primato del libero mercato grazie a una politica economica di tipo liberalista (laissez-faire) –che comportò una drastica riduzione del ruolo del governo nei rapporti commerciali e nella vita della società – e un anticomunismo convinto contro l’espansionismo sovietico. Il libero mercato rappresenta la massima espressione della libertà economica in una logica capitalista. Il primato della moneta e dell’homo oeconomicus – individualista, razionale e preciso – procede di pari passo con l’ascesa di una nuova borghesia e di una nuova classe imprenditoriale. L’uomo libero costruisce da sé il proprio avvenire determinando il proprio successo personale attraverso il duro lavoro grazie a una benedizione divina. I cristiani conservatori vedono nella lettura della parola di Dio nell’Antico e nel Nuovo Testamento una giustificazione per legittimare il Capitalismo e la libera impresa. Un discorso estremamente complesso e in gran parte contradditorio che include al suo interno la divisione sociale in classi, il ruolo della donna e la segregazione razziale degli afro-americani. 

Durante la campagna elettorale 1968 Richard Nixon, fautore dello slogan “law and order”, aveva appoggiato gli ideali conservatori ma, tramite la realpolitik di Henry Kissinger, si dimostrò favorevole al dialogo con l’Unione Sovietica e la Cina aprendo la fase della distensione. Nixon e 
i suoi immediati successori non erano gli uomini giusti per realizzare le aspirazioni dei conservatori. L’immagine del presidente USA era stata danneggiata dallo scandalo Watergate. L’uomo giusto per realizzare la svolta del ritorno dei conservatori al potere era proprio Ronald Reagan. 


1.3 - Da Hollywood alla Casa Bianca: Ronald Reagan (1911-2004), l’ultimo cowboy

Personaggio popolare conosciuto attraverso il mondo dello spettacolo sul grande schermo, ex-attore di film spesso catalogati di “serie b”, Ronald Reagan era stato in passato leader del movimento sindacale degli attori a Hollywood. Compagno di John Wayne sul set cinematografico, i due attori condividevano la stessa visione per la loro nazione, quella di un’America forte lontana dal viale del tramonto. I coniugi Ronald e Nancy Reagan – moglie di seconde nozze – prestarono la loro immagine in qualità di famiglia modello per la pubblicità televisiva in pieno «boom» economico degli anni Sessanta. Il volto familiare dell’attore californiano era entrato nelle case dei cittadini americani attraverso la televisione nelle pubblicità e nelle promozioni di note marche di tabacchi, prodotti casalinghi, mobili, elettrodomestici. Reagan iniziò la sua carriera politica nel Partito Democratico ma ben presto le sue idee politiche prenderanno una svolta definitiva con il passaggio al Partito Repubblicano e alla destra conservatrice. Ronald Reagan divenne Governatore della California e fu candidato alle elezioni presidenziali nel 1968 e 1976, risultando perdente alle votazioni primarie nel confronto diretto con Richard Nixon e Gerard Ford. Il suo stile oratorio semplice, colloquiale e diretto verso il pubblico e la sua immagine nota dati i trascorsi cinematografici gli permisero di guadagnare consensi tra gli americani e di preparare la prossima candidatura. Reagan “the Gipper” era soprannominato appunto “il grande comunicatore”.

Ronald e Nancy Reagan alla cerimonia di inaugurazione della nuova presidenza (20 gennaio 1981)
Nel 1980 alle elezioni primarie del Partito Repubblicano Ronald Reagan riuscì a prevalere su George H. Bush, ex-direttore della CIA, dopo un acceso duello. Reagan avrebbe proposto a Ford di candidarsi insieme a lui per la presidenza, ma dopo la rinuncia dell’ex-presidente il californiano fu costretto a scegliere Bush padre per la corsa alla Casa Bianca malgrado diverse divergenze ideologiche. Il dibattito televisivo in diretta mondiale tra il candidato Ronald Reagan e il presidente in carica Jimmy Carter vide prevalere nettamente lo sfidante, forte della promessa di riaffermare il primato politico, economico e militare degli Stati Uniti guardando con fiducia e ottimismo al futuro. Alle accuse del presidente in carica il californiano rispose con la celebre frase “there you go again” lasciando di stucco l’avversario. Il 4 novembre 1980 l’accoppiata repubblicana Reagan-Bush prevalse con grande vantaggio sui rivali democratici Carter-Mondale e sull’indipendente Anderson vincendo di larga misura nella maggior parte degli stati e ottenendo i voti dei grandi elettori.


mercoledì 12 giugno 2013

Western Chronicles - Presentazione del Blog

Sono nato negli anni Ottanta ma non ho vissuto gli anni Ottanta.

Eppure, fatta questa dovuta premessa, da sempre percepisco un senso crescente di attrazione e curiosità verso quel decennio. Da diversi anni nel tempo libero mi sono dedicato allo studio degli Eighties attraverso la lettura di libri, articoli di giornali, riviste, saggi, oltre alla visione di documentari e speciali televisivi.  

Gli anni Ottanta - gli anni del Reaganismo - hanno segnato profondamente la Storia del Novecento; hanno rappresentato un momento storico significativo di cambiamenti epocali e grandi novità nel mondo contemporaneo e nella società occidentale. Il decennio di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, l'età del neo-liberalismo della nuova destra conservatrice, del consumismo sfrenato, dell'individualismo trionfante, del personal computer, dei cellulari, degli Yuppies, di Michael Jackson e Madonna, della scoperta dell'Aids e altro, ha condizionato l'evoluzione e il progresso incessante di costumi, società e stili di vita sino al nostro recente presente e all'attualità stretta. 

"Western Chronicles" ("Cronache Occidentali") si propone come un blog di approfondimento dedicato alla Storia degli anni Ottanta: arte, cinema, cultura, moda, musica, politica, spettacolo, sport, televisione, tecnologia e altri argomenti costituiranno le principali tematiche di analisi e commento critico da un punto di vista oggettivo. 

Il Blog intende fornire uno spazio virtuale dove sarà possibile conoscere diversi aspetti culturali legati agli anni Ottanta e oltre, ripercorrere la memoria di quel decennio, riflettere a proposito della società contemporanea. La pubblicazione dei contenuti seguirà a breve con cadenza settimanale, in un percorso evolutivo dinamico. Cronache in libertà, appunto. Appunti di viaggio su un semplice taccuino, abbozzi rapidi di impressioni fugaci, tracce fuggenti del nostro passato.

Colgo l'occasione per inviare a tutti i miei ringraziamenti per aver visitato questa pagina. Il mio desiderio è quello che possa diventare un angolo di confronto costruttivo e di riflessione democratica nel rispetto degli altri e delle idee di tutti.

Prossimamente su questi schermi!

Mattia Albera